Ciclo I

L’impatto dell’informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea, il World Wide Web

Cosa è il punto? Il postulato su cui si basa la geometria euclidea ci dice che “il punto è non misurabile”. Se provassimo ad ingrandirlo, creando quindi un corto circuito nel sistema, lo potremmo misurare suddividendolo in triangoli.
Lo stesso punto però può avere altri significati: un numero (0), una lettera (o), un suono, una proiezione ecc. In sintesi il punto è un dato, un simbolo di un linguaggio specifico.
Possiamo dare una nuova nostra definizione: “le cose vanno chiamate per creare un linguaggio”.
Il dato è soggetto ad innumerevoli convenzioni, un accordo su un insieme di regole.
Il dato è la codifica di un linguaggio e l’applicazione di una convenzione ad un dato è l’informazione: Dato (0) -> Convenzione (numerica) -> Info (zero).
In informatica non esistono dati ma solo informazioni, informare è modellare (i dati) secondo una forma.
In conclusione “il prendere forma dell’informazione è modellazione, ossia creazione di modelli, interpretazione dinamica” (foglio elettronico, what…if).
Grazie agli ausili tecnologici, oggi vediamo di più la realtà: Augmented Reality è la sovrapposizione di un layer informativo ad un layer reale. Il tutto diventa una miscela esplosiva con l’aggiunta della georeferenzialità (in questo momento, in questo luogo): da qui inizia il valore economico dell’informazione.
Il sociologo Alvin Toffler nel 1980 con la Terza Ondata divide la storia in tre ondate:
prima ondata dell’agricoltura: dal neolitico all’era industriale (macchina a vapore 1814); seconda ondata dell’era industriale, fino al 1956, quando per la prima volta in America gli agricoltori sono al 49% mentre il settore terziario al 51%); terza ondata dell’informazione, dal 1956 in poi, si comunica con chiunque da ovunque.
Nelle tre ondate vediamo cambiare la figura dei ricchi, da latifondisti ad industriali, infine a produttori di informazione. Impressionante è il cambio di percentuale dei parametri di agricoltura, meccanica, informazione nelle varie fasi: prima ondata 97–2–1; seconda ondata 60–30-10; terza ondata 10-40-50.
Quando compriamo i datteri al supermercato, acquistiamo un bene fatto per lo più di informazione (pubblicità, tessera): siamo passati da un prodotto iper-oggettivo standardizzato (Ford T) ad uno iper-soggettivo (Smart) dove noi diventiamo fabbricanti tramite la personalizzazione.
Ora proviamo a chiedere all’architettura “cosa sei o cosa vuoi essere?”
Il palazzo Farnese avrebbe risposto “esisto in quanto rappresento”, mentre nel 1920 il Bauhaus “esisto in quanto funziono”, adesso il museo Bilbao risponderebbe “esisto in quanto informo”.
Oggi diamo per scontato che una architettura sia funzionante, ma il suo plusvalore è nella capacità di scrivere una storia, di generare sensazioni.
Nasce il concetto marsupiale dell’informazione, da una parte emana informazioni, dall’altra si utilizza il valore dell’informazione per veicolare quello che faccio (lo strumento influenza l’obbiettivo). Non serve più parlare in modo oggettivo tecnico, oggi parliamo per figure retoriche (ci si avvicina di più ad un ragionamento informatico): operazioni sintetiche che obbligano a dei salti logici che non portano ad una visione univoca, ma lasciano un margine di interpretazione.
Modernità è mettere a sistema. Se nel sistema entra un elemento nuovo, bisogna operare uno sforzo di “rimettere a sistema”. Se gli elementi sono troppo forti, si crea un nuovo sistema.
Analizziamo storicamente i frammenti che porteranno il salto in un nuovo sistema:
–    A cavallo della rivoluzione francese, in contrapposizione al barocco e rococò, arriva una generazione di architetti che teorizzano una architettura basata su solidi puri (Boullee, Durand)
–    Nei politecnici classificano gli edifici, l’architettura sviluppa una sistematizzazione del progetto inquadrandolo in tipologie, una serie di tipi che possono essere assemblati velocemente secondo regole
–    La rete ferroviaria diventa importante e porta con sé la costruzione di ponti, gallerie e stazioni. Nasce una nuova professione, l’ingegnere, che applica il metodo scientifico all’invenzione
–    Si inventano nuovi materiali, cemento armato, e se ne usano nuovi, ferro e vetro, insieme a  nuove tecniche costruttive: il balloon frame.
–    Il grande incendio di Chicago, permise alla città di costruire i primi grattacieli con ascensori e struttura puntiforme
–    In Gran Bretagna si ha un ripensamento di fronte all’avvento della macchina, William Morris con Arts and Crafts propone un ritorno all’artigianato e una riscoperta del medioevo, pensiero condiviso dai decadentisti. Il mattone diventa il simbolo per criticare il sistema di montaggio
–    A fine 800 l’Art Nouveau usa elementi industriali, ferro, ma con forme che riportano vagamente alla natura. Grazie al colonialismo lo stile si diffuse nel resto del mondo.
–    La stazione fa scontrare i due mondi, architettura e ingegneria: con una facciata perbenista ed un interno macchinista.

L’elemento catalizzatore che mette a sistema tutto è il pensiero artistico letterario e figurativo. La velocità diventa l’elemento caratterizzante della nuova Parigi, i pittori entrano in crisi perché è nato un nuovo modo di guardare dovuto anche alla nascita della fotografia: nasce la pittura impressionista.
Con Cezanne si ha il punto di rottura che porterà al nuovo paradigma.
A Cezanne interessano le forme pure e primitive, ma le vuole coniugare con l’idea di frammentarietà che era sorta in quel periodo. Dipinge decine di volte lo stesso soggetto per unire la logica analitica delle forme primarie con l’estrazione delle parti, distrugge la prospettiva per rendere autonoma ogni cosa.
Parole chiave della sua pittura sono: astratto, frammentario, analitico, elementi che interesseranno anche una nuova architettura, quella funzionalista della scuola Bauhaus di Walter Gropius.
Il Bauhaus nasce come scuola di arti e mestieri nella città universitaria di Weimar, ma diviene ben presto una scuola di interpretazione intellettuale. Il direttore, Walter Gropius, convoca i migliori rappresentanti di ogni campo a Dessau.
L’avanguardia del Bauhaus segna l’avvento di una nuova estetica: la costruzione è basata su un sistema discontinuo, svincolato dalla morfologia urbana, scavalca letteralmente l’isolato, ignorando l’asse stradale con la sua accelerazione centripeta assimilabile a quella di un’elica. Lo studio è rivolto a un’idea aperta di città e  non si parte da un tipo predeterminato, ma dalle funzioni.
Gropius rifiuta categoricamente di costruire la scuola come se fosse una cattedrale, non agisce dall’alto per introdurre i contenuti, rovescia anzi il processo facendolo diventare un processo dal basso verso l’alto: form follows function.
Catalizzatore del processo di Gropius è la trasparenza, che sfrutta la costruzione per punti, opposta alla continuità della muratura lapidea medievale.Il vetro, ampiamente impiegato per le facciate, rivela l’interno.Gli elementi costruttivi perdono la loro essenza tradizionale e con essa anche il loro nome: la finestra diventa asola, il tetto diventa copertura, il muro continuo viene sostituito dai pilastri.

Ciclo II

Il mondo  dei pixel, materialità e immaterialità.
Hardware e schermi, la digitalizzazione delle immagini, il mondo raster

Il computer come oggi lo conosciamo è derivato da molteplici scoperte:
–    Dall’abaco alla pascalina, queste macchine producevano già calcoli
–    Nell’800 l’invenzione del codice morse accoppiato al telefono ci fa capire che più è astratto il linguaggio, più è efficace e potente.
George Boole, usando come base il morse, un sistema iconico figurati, crea dei processi logici attraverso un linguaggio detto binario
–    Inizi del ‘900 l’IBM, per far fronte ai problemi di censimento, elabora un sistema meccanizzato: le schede perforate. Con la crisi dovuta alla seconda guerra mondiale, l’accoppiamento tra elettricità e codice binario diede alla luce le valvole.
Verso gli anni ‘50 il sistema valvolare fu soppiantato dal transistor, provocando una rivoluzione dei costumi, di abitudini: la musica non era più ferma nelle case, ma invase gli ambienti (stereo)
–    Anni ‘60, nascita del circuito stampato, microchip, disponibile per tutti (fino ad allora tutte queste invenzioni non erano per privati)
–    Con il ‘68 americano l’accoppiata liberazione e informatica (anticostituzionale) diede il potere del calcolo agli individui.
–    Anni ‘70. L’altair fu il primo personal computer e Steve Jobs con Steve Wozniak fondano l’Apple
–    Anni 80. Parallelamente  Bill Gates mette a punto un nuovo sistema operativo, il Dos, basato sulla precisione della scrittura del testo per trasmettere comandi all’elaboratore.
–    Jobs crea Lisa, una macchina con una nuova veste grafica per gestire le informazioni, ha uno schermo luminoso bitmappato nel quale coesistono più finestre per gestire diversi processi accessibili tramite mouse.

Il salto tecnologico che ne deriva da questa serie di eventi è il Quickdraw, una serie di routine grafiche funzionanti come una griglia campita con il supporto del postscript, un linguaggio di programmazione di base matematica per gestire gli output dei prodotti.
In questo momento storico tutto è raster, un insieme di puntini dotati di semantica e il pixel diventa una fondamentale unità di misura.

Ciclo III

La stratificazione e le sovrapposizioni, il Mondo dei vettori. Geometrie e layer.

Perché una immagine ha più informazioni del reale? Perché trasforma il reale in informazione.
La caratteristica del sistema raster è come quella di una battaglia navale: il pixel “buca” lo schermo, appartiene allo schermo.
Il salto cognitivo, inventando il sistema vettoriale, sta nel decodificare prima, creare quindi una entità a monte conosciuta sia dal mittente che dal ricevente. Se rendo indipendente l’oggetto dallo schermo, gli oggetti diventano entità appoggiate su di esso e la trasmissione dell’informazione diventa più efficiente: ad esempio di un triangolo non si invierà la linea uno,due e tre, ma solamente l’elemento triangolo definito in precedenza.
Il mondo vettoriale perciò necessita un tipo di ragionamento differente rispetto a quello raster, basta pensare che per cancellare un punto da una linea, bisogna dividerla in altri due elementi e distanziarli tra loro e non più cancellare il solo pixel.
Un ulteriore salto si ha col passaggio da una  descrizione per punti (l’elemento linea va da punto A a punto B) ad una matematica: invece di dare una descrizione della linea, fornisco la sua caratteristica essenziale, l’equazione, la rappresentazione matematica.
Così facendo acquisto un altro livello di indipendenza: non ci importa più se schermo A è diverso da schermo B.
Il mondo vettoriale quindi, essendo formato da elementi appoggiati, è un mondo nominabile che slitta, o meglio può slittare.
Se ci immaginiamo molteplici, infiniti piani in cui far muovere gli elementi-vettori, stiamo parlando del mondo dei layer.
I vantaggi di questi di mondi-layer sovrapposti sono dovuti a cinque proprietà insite in questo sistema:
1. Indipendenza: ogni layer è indipendente rispetto ad un altro
2. Nascondere: avendo risorse limitate, il sistema mi permette di lavorare su un layer specifico, nascondendo gli altri
3. Simultaneità: Posso elaborare modifiche in modo simultaneo a tutti gli elementi di un determinato layer
4. Economicità: posso manipolare in maniera più efficiente nel sistema (vedi Nascondere)
5. Semantico: la proprietà fondamentale dei layer è l’organizzazione semantica, ad ogni layer attribuisco un significato.
Manifesto di questo mondo vettoriale-layer potrebbe essere il paesaggio industriale olandese (paesaggio è una rappresentazione estetica di un pezzo di realtà che deve essere in qualche maniera condivisa) dove i capannoni sono combinati sul terreno come se fossero appoggiati.
Il layer entra nel discorso archittetonico quando negli ottanta una serie di architetti, tra cui Peter Eisenman, inziano a vedere il progetto non come insieme di sistemi coesi e coerenti (ad esempio è possibile ipotizzare, in una struttura di un edificio, l’andamento del layer “pilastri” seppur avendolo nascosto), ma come una compresenza di più sistemi indipendenti l’uno dall’altro.
Per capire Eisenman, bisogna guardare a Giuseppe Terragni e in particolare due sue opere che vengono studiate dallo stesso Eisenman: la casa del fascio e la casa Giuliani-Frigerio. Nella prima, tramite un processo di erosione-estrazione di un semicubo, l’architetto riesce ad imprimere due caratteristiche: esaltazione del momento mistico-astratto (con la forma pura del cubo) e il dinamismo attraverso un sistema compositivo di bande sovrapposte in verticale; nella seconda, di carattere grammaticale e sintattico diverso, crea un meccanismo di esplosione controllata, dal centro-nucleo si staccano le varie parti.
Peter Eisenman per sintetizzare questi due diversi sistemi ne inventa un terzo, con la House n.2, che comprende i due ragionamenti: l’implosione.
Siamo negli anni settanta, periodo in cui il linguaggio è il tema centrale della ricerca, ma sta prendendo piede il mondo dell’informazione e della comunicazione e l’importanza della promozione, quindi il complesso di giustificazioni che c’è dietro l’opera, ha un significato maggiore dell’opera stessa.
Si torna a parlare della forma che l'”io esisto quanto funziono” della logica dei processi lineari modernisti aveva sotterrato, ma anche dell’importanza del contesto. E’ in questo momento storico che Eiseman entra nel vivo del ragionamento layer attravero questa idea: un contesto, un luogo viene interpretato attraverso una serie di mappe storiche che rivelano strato dopo strato il cambiamento che quel luogo ha subito. La lettura del contesto quindi diventa chiave generativa di nuove ipotesi: il palinsesto (carta medioevale in cui si scrivevano i nuovi documenti, però lasciando traccia dei vecchi).
Eisenman va oltre (Casa Guardiola a Cadice e Cincinnati College of Art) con l’uso di una nuova tecnica, quella del blurring o sfocamento, che riprende in un certo senso quella pittorica di Giacomo Balla: il movimento è generato da una oscillazione e l’oscillazione è sfocata, provocata dal movimento stesso.
Le forme che si vengono a creare, così, non sono più generate da un contesto, ma sono autogenerate e sono nello specifico griglie di campi possibili entro cui giocare la partita dell’architettura.

Ciclo IV

Masse, collisioni, traiettorie |  La creazione della tridimensionalità. Estrusioni, Rotazioni, Operazioni booleane

Fino ad ora ci si è mossi in un mondo a due dimensioni. Muoversi in tre dimensioni ha conseguenze che dal punto di vista grafico sono ricche di risvolti, ma anche dal punto di vista cognitivo ci apre un universo di ragionamenti, problemi e opportunità.
Ponendoci ai tempi di Leonardo, un mondo tridimensionale lo posso creare dando tre informazioni al punto (x,y e z ad esempio), creando di conseguenza una griglia a tre dimensioni dove gli elementi vettoriali bidimensionali appoggiati, adesso diventano galleggianti, collocati in uno spazio.
Nelle due dimensioni la costruzione equivale alla visione (la griglia che trasmetto viene vista in maniera identica alla mia dal ricevente), mentre nelle tre dimensioni ho bisogno di un altro formalismo, costruire un sistema che ci permette di oggettivizzare la visione.
Se ragionassimo sotto l’aspetto generativo e non più descrittivo, il punto è una posizione (non più un dato) che posso muovere.
Questo movimento è costruzione e due sono le le famiglie di operazioni fondamentali attraverso cui si può intervenire: l’estrusione e la rotazione. L’estrusione è lo spostamento lineare lungo un asse (se sposto il punto da A a B, creo una linea), mentre la rotazione è di tipo angolare.
La minima rotazione di un punto interconnesso per formare una struttura chiusa genera un triangolo, figura strutturalmente indeformabile ed  la minima superficie descrivibile (ogni figura in un mondo 3d la posso generare attraverso l’uso dei triangoli: mesh).
Come è stato già affermato nel mondo tridimensione esistono tre coordinate in cui ci sono gli elementi galleggianti, ma questa concezione non è sempre esistita (pensiamo ad esempio quando non era ancora stato inventato il sistema cartesiano, o l’algebra).
L’architettura è una reificazione, rappresentazione concreta di alcuni livelli di conoscenza e di interpretazione dello spazio e della scienza (lo spazio non è sempre uguale, non è sempre visto allo stesso modo). Questo assunto ci porta a ragionare sullo spazio e sulle sue dimensioni.
In una condizione originaria, pre-Big bang, immaginiamo un punto, quel punto non ha nè spazio nè tempo. Applicando uno spostamento otterremo insieme sia spazio che tempo. Immaginando di essere in una dimensione lineare, ci poniamo una domanda: qual è il modo di conoscere, di descrivere, di rappresentare questo mondo solo lineare? Il modo di conoscere può avvenire solo percorrendolo e  calcolando il tempo da un punto ad un altro (usando la vista tutto ci apparirebbe schiacciato in unico punto). E’ l'”intervallo” temporale che permette di descrivere questa condizione spaziale.
Il tempo pertanto diventa la prima dimensione conoscitiva e descrittiva dello spazio e la linea la minima entità spaziale. Ogni sistema di riferimento inferiore è contenuto da uno superiore ed ha un suo sistema spazio-tempo autonomo.
Poiché il nostro corpo è confinato in uno spazio a tre dimensioni per compiere salti logici-cognitivi da un sistema ad un altro abbiamo bisogno delle cosiddette protesi cognitive come ad esempio l’hyperlink: infiniti mondi a tre dimensioni coesistono in un ambiente iperdimensionale come la rete internet.
Se vettore, piano, pittura si possono abbinare alla figura di Eisenman, traiettoria, spazio, tridimensionalità, scultura fanno parte del campionario espressivo dell’architetto Frank O.Gehry.
La ricerca archittetonica di Gehry si può sintetizzare in cinque punti-fase:
1. Assemblare
Gehry guarda dove gli altri non vedono: il mondo dello scarto. Da un imprinting dovuto ad esperienze personali (da bambino passava molto tempo col nonno dal ferramenta), il progetto diventa un accostamento di elementi poveri, assemblandoli in maniera casuale, creando un cheapscape. (Casa di Los Angeles)
2. Spaziare
Lo stesso ragionamento dell’assemblaggio viene spostato sulla composizione degli spazi che diventano coreografici e assumono un’importanza quasi superiore ai volumi stessi: sono le relazioni a diventare importanti, le connessioni tra le varie parti.
3. Separare
L’idea dell’assemblare e dello spaziare si uniscono nel Museo Edgemar in Santa Monica, un intervento di mixité (lavoro, residenze, musero), dando vita all’idea di separare. L’edificio viene spezzettato in tre parti in modo da attrarre più gente possibile all’interno dove si sviluppa uno spazio-piazza in cui sono disposti una serie di elementi architettonici costruiti con materiali poveri.
4. Slanciare – Fondere
Una serie di riflessioni porta Gehry a domandarsi: e’ architettura? o scultura, o semplicemente fisica?
La risposta sta in Boccioni sia dal punto di vista pratico, nella scultura Muscoli e velocità, che teoricamente:”nessuna paura è più stupida di quella che ci fa temere di uscire dall’arte che conosciamo”. Lo spazio diventa spazio-sistema in cui linee forza si slanciano nell’atmosfera circostante, fino a collidere e a fondersi, in opposizione a quanto era stato fatto fino ad ora. (Auditorium Disney e Museo di Bilbao)
5. Liquefare
In questa fase si genera un nuovo rapporto tra materiali e volumi. In questo nuovo rapporto interno ed esterno si mescolano, la forma si scioglie, diventa fluido, si liquefa. (Sede della DG Bank)

Ciclo V

Modelli Gerarchici – Nuovo Catalizzatore

Immaginiamo di trovarci ai tempi di Leonardo da Vinci, come facciamo a trasmettere, gestire ed organizzare le informazioni di un oggetto 3D?
È possibile stabilire una convenzione di livello superiore rispetto a quelle fin qui stabilite, secondo la quale gli oggetti tridimensionali sono entità descritte un’unica volta e inserite di volta in volta in contesti diversi. In linguaggio CAD questo si definisce block, il quale si può editare in vario modo. In questo modo distinguiamo subito due elementi gerarchicamente distinti: primitives e instances. Le primitives sono informazioni tridimensionali di livello superiore, mentre le instances sono simboli subordinati alle primitives. Le instances possono essere duplicate e parametricamente manipolate, però la modifica delle loro proprietà geometriche può avvenire solo a livello delle primitives. La struttura gerarchica crea un “modello vivo” che consente di avere una struttura non più rigida, bensì dinamica e mutevole.
Il modello gerarchico può essere definito:
1. efficiente poiché immagazzina i dati una sola volta per il primo oggetto riducendo il numero dei calcoli.
2. intelligente in quanto modificando un solo oggetto, modifico simultaneamente tutti gli altri
3. semantico perché è possibile rinominare gli oggetti e dare loro un diverso signicato
4. interattivo in quanto le modifiche agiscono a vari livelli all’interno del modello, rendendolo vivo

Così come la prospettiva e la trasparenza furono gli elementi catalizzatori rispettivamente dell’architettura rinascimentale e di quella funzionalista, l’interattività è il nuovo catalizzatore dell’architettura nell’era dell’ informatica.

Possiamo distinguere tre tipi di interattività:
1.Interattività fisica
Torre dei Venti, Toyo Ito, Yokohama-shi, Kanagawa, 1986
L’edificio reagisce in base ai mutamenti dei parametri dell’ambiente esterno (umidità, luminosità, temperatura, ecc.) tramutandoli in informazione.

2.Interattività proiettiva
Le superfici degli edifici diventano vere e proprie interfacce multimediali interattive, in grado di comunicare con la città. Un layer di informazioni
Un layer informativo si sovrappone alla realtà, modificandone il suo strato superficiale.

3.Interattività processuale
Il modello interagisce interattivamente con il progettista, guidando il processo progettuale e di verifica attraverso la simulazione.
Il processo interattivo segue un andamento non lineare con un ampia gamma di soluzioni, di difficile previsione

Ciclo VI

Foglio Elettronico – Database e GIS – Evoluzione del Modello

Riflettiamo su quanto i nostri modelli architettonici tendono ad assomigliare sempre più ai modelli informatici. C’è una corrispondenza incrociata, una sorta di nastro di Moebius, tra strumento e architettura.

Quali sono le potenzialità del foglio elettronico?
– il risultato è indipendente dal contenuto, come nelle funzioni matematiche.
– il risultato può diventare input di un nuovo processo di calcolo.
– Si può ramificare il processo, creando un albero di relazioni dinamiche e interconnesse. E’ possibile modificare le informazioni in maniera dinamica.
– Il sistema è gerarchico e le ripercussioni delle modifiche avvengono a valle, non a monte, del processo.
– Al cambiare del dato, il modello non cambia.

La forza intrinseca a questo modello è quella di non essere deterministico, e quindi di scardinare la logica IF THEN. Tale logica è tipica dei modelli statici, ovvero quei modelli basati su operazioni empiriche dalla soluzione univoca. Se inserisci un certo numero di dati allora il risultato sarà…

La logica sottesa ai modelli dinamici è al contrario definibile WHAT IF; ovvero cosa accade se inserisco certi dati e stabilisco tra loro delle relazioni o delle funzioni? E se cambio qualcosa? In definitiva, al variare di dati e relazioni verifico immediatamente i risultati anche in configurazioni estremamente complesse del modello. Lo stesso vale se al posto di dati numerici inseriamo all’interno dei records dei dati di testo che identificano delle categorie da analizzare. Infine, i dati alfanumerici possono essere interfacciati ottenendo alcuni specifici risultati, in un procedimento analogo a quello adoperato nella cartografia tematica.

Quinto fondamentale quesito. Adesso che ho scoperto il sistema per i riga e colanna dei dati strutturati sia nella componente di modello di calcolo (spreadsheet) sia nella modalità di (database), posso inventare un sistema che mi renda questo meccanismo legato di nuovo a informazioni di tipo grafiche? Ovvero, cosa succede se all’interno della matrice alfanumerica inserisco informazioni di tipo grafico? In questo caso otteniamo un insieme ibrido, un database grafico definito GIS – Geographical Information System.

Come faccio a fare un censimento in maniera computazionale?
Le entità da censire si definiscono RECORDs. Si creano delle categorie di records, dette FIELDs (campi). Tali categorie sono infinite, quindi occorre sceglierle sulla base di un criterio economico. Il database è formato quindi da Records (righe) e Fields (colonne). La ricerca è definita Query.
Un record è assimilabile al concetto di vettore. Attraverso l’utilizzo del GIS si possono ottenere infinite mappe tematizzate, ricavate dall’intreccio di diverse informazioni (differente dal sistema per layer, che è monocategoria)
Se fossi ai tempi di Leonardo, come farei a trasmettere a distanza dei dati “strutturati” (sia testuali che numerici) senza l’ausilio di fax o strumenti elettronici? Entra in gioco una nuova parola chiave: il modello. Il sistema di riferimento è quello di uno spreadsheet o foglio di calcolo, costituito da celle nelle quali è possibile inserire dati strutturati e fra le quali possiamo impostare una serie di operazioni.

Cosa intendiamo per modello?
Il modello è un apparato che individua delle variabili, e mettendole a sistema, è possibile prefigurare delle soluzioni. E’ possibile individuare quattro tipi di modelli decisionali che influenzano il progetto di architettura: oggettivo, prestazionale, strutturalista, diagrammatico.
Il modello oggettivo postula dei bisogni oggettivi e trova soluzioni oggettive. Ha carattere assertivo ed è dipendente dalla ricerca di uno standard per ogni cosa. Trova ripercussioni nella manualistica professionale (es. manuale Neufert).
Il modello prestazionale, introdotto dal matematico Christopher Alexander, a partire da una serie di risposte oggettive, le suddivide via via ad un livello sempre più basso per poi giungere ad una decisione il più possibile ottimale. Quindi si può parlare di soluzioni ottimali per bisogni ricorrenti.
Il modello strutturalista, sviluppato da John Habraken, a differenza dei modelli precedenti prevede un sistema gerarchico di scelte le quali ricadranno, in base al livello a cui appartengono, sulla configurazione strutturale (supports) o formale.
Il modello diagrammatico non prefigura una scelta, come per i casi precedenti, bensì un processo. Gli esiti dipenderanno da una serie di accidenti che intervengono come variabili per modificare il diagramma.