NEW SUBSTANCES

INFORMATION TECHNOLOGY AND THE RENEWAL OF ARCHITECTURE

(Antonino Saggio – published in “Il Progetto” #6, january 2000 pp. 32-35 )

Queste sostanze trovano nell’informatica allo stesso tempo la loro causa e il loro strumento. Informatica, naturalmente, non significa affatto, nessuno più banalizza più sino a questo punto, che oggi “si disegna al computer”, quanto che viviamo in una fase di cambiamento epocale. Le aree si liberano, si cerca un rapporto più stretto con l’ambiente, si pensa alla architettura come ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia, si cercano spazi come sistemi complessi sempre più interagenti perché l’Informatica ha cambiato e sta cambiando il nostro essere al mondo ed ha aperto nuove possibilità al nostro futuro.

La terza ondata “Toffleriana”, l’era dell’informazione, l’epoca in cui viviamo è caratterizzata non più dalla fabbricazione dei beni, bensì da quella delle informazioni.

Le vecchie sedi produttive hanno perso la loro imponente fisicità statica a favore della dinamicità, dove l’importanza del luogo non ha un ruolo determinante perché l’informazione la si può fare anche da casa.

Il vecchio organo monofunzionale viene sostituito dal “sistema”. In architettura il concetto è trasposto sia in termini di reintegrazione, con l’urbanscape e gli intrecci tra nuovo e preesistete,  di rivalorizzazione, con il paesaggio e la natura come presenza attiva e integrata nella città, di reinterpretazione dello spazio, con interno e esterno come elementi sinergici, di ottimizzazione.
L’informatica è protagonista e artefice di questo scenario dal punto di vista pratico e teorico, permettendo la trasmissione e la condivisione di informazioni in maniera instantanea e, di conseguenza, la creazione di un nuovo modo di pensare basato sul concetto di algoritmo, collegamento, ma soprattutto di rete.Si può dire senza indugio che viviamo nell’età della rete globale, dove l’attività preminente è l’interattività, e questa realtà ha senso solo se c’è un sistema di reti connesse simultaneamente. Vista dall’interno la rete è una entità ambivalente, come un computer può avere due valori: o in una rete tutto è interconnesso (c’è corrente, acceso, 1) o una rete è vuota (non c’è corrente, spento, 0).

Il libro Disappearing Architecture ci suggerisce che la rete è “un posto che non è da nessuna parte in particolare, ma ovunque allo stesso momento“, “un ambiente di realtà mista, dominata da logica liquida” e guarda verso il futuro: per fare un salto evoluzionistico bisogna ragionare in termini quantici (sia dal punto di vista computazionale, ma anche architettonico), dove 1 e 0 sono calcolati allo stesso momento.

Non si parla di hyperarchicture, ma addirittura di heterarchitecture dove lo spazio reale (1, off-line) e virtuale (0,on-line) coesistono allo stesso momento. Si parla di scenari on/off, dove al posto di accendere la luce, si accende un flusso di dati: si parla di realtà aumentata. L’architettura diventa un oggetto quantico integrando l’infrastruttura tecnologica dell’informazione e capace di non essere in uno stato non solo di 0 o di 1, ma entrambi, interno e esterno, inclusivo ed esclusivo, in pratica una piattaforma, una interfaccia tra il reale e il virtuale, comunitario e ipersoggettivo (forse anche democratico). La heterarchitecture, citando sempre il libro, è un’architettura invisibile che rende numerosi mondi paralleli virtuali visibili, “a place related to other places but with no place of its own“.

Poiché il ragionamento architettonico sta andando in questa direzione (metaforica e multiverso), come anche la tecnologia e il mondo dell’informazione, la domanda che mi pongo è: se per la rivoluzione industriale fu la trasparenza, forse per la rivoluzione informatica l’elemento catalizzatore lo si potrà indentificare con l’etereo, l’invisibile?

E’ una possibilità.