Informazione, simbolo e architettura, ovvero: Sydney-Bilbao in barca a vela

Nel mondo informatico, per andare da Sydney a Bilbao e viceversa, basta un attimo, un clic, un link, ma in quello reale, soprattutto se parliamo di architettura, è come fare un viaggio in barca dove protagoniste sono le vele, quelle di Jørn Utzon per intenderci.
Si parte dall’Opera House di Sydney nel 1956 dove l’architetto danese propone le basi fondamentali per quella che definiremo la futura architettura dell’informazione – informazione intesa per definizione come l’applicazione di una convenzione, un insieme di regole, ad un dato, il minimo elemento di modifica di una situazione precedente-.
Con Utzon c’è un cambio di obiettivo in cui la convenzione è rivolta alla comunicazione e all’in-formare – modellare secondo la forma – e non più alla risoluzione delle funzioni specifiche: le vele avvolgono le svariate aree funzionali del progetto. Siamo però in un meccanismo prettamente di logica informatica – non esistono i dati, ma solo le informazioni – in cui la forma, o il simbolo deve avere un significato che nel caso specifico, differente dalle vecchie manifestazioni di potere, è quello del “rappresentare la collettività”.
Il linguaggio creato, di derivazione modernista, per diventare contemporaneo ha bisogno di un salto in cui il simbolo deve diventare figura retorica, una defizione non univoca, di più ampia interpretazione, essere iper-soggettivo e permettere di interagire, di partecipare al processo comunicativo – io esisto in quanto informo -, di essere pro-active.
Alla fine si arriva al link, l’elemento fondamentale su cui si basa internet, la rete interconnessa, figlio di questa epoca dell’informazione – “della terza ondata” come la chiamerebbe lo scrittore e “futurologo” statunitense Alvin Toffler -; si giunge al museo Guggenheim di Bilbao di Frank Gerhy nel 1997, un collegamento ipertestuale che si aggancia sia al contesto della realtà caotica locale della ferrovia, fiume, ponte, banchine – Gehry sceglie l’area di progetto, un nodo di intersezioni nella città –
sia al mondo della informazione proponendo un puro simbolo “una specie di scultura altissima” […] “segno tanto inutile quanto indispensabile”. Il museo ha un valore informativo preponderante – che è il valore aggiunto, anche dal punto di vista economico – ed è basato su un concetto che il prof. Antonino Saggio definisce marsupiale: l’interazione in continuo movimento dove il dentro e il fuori ci sono, ma si confondono.
Il simbolo diventa supersimbolo e la parola marsupiale mi ricorda i canguri e i canguri mi fanno pensare alle vele, chissà perché.